Oddio, la Biennale d’Arte sta per chiudere i battenti, il tempo scade il 24 novembre. Vale la pena di andarci? L’ansia da Biennale ha colpito anche la sottoscritta qualche giorno fa.
Tempo splendido, una Venezia al meglio di se stessa, coda rapidissima per il biglietto d’entrata all’Arsenale ed eccomi all’interno dell’evento più atteso dell’anno. Primo impatto le Corderie, luogo spettacolare, che ci rende orgogliosi del passato marinaro della Serenissima. Data la mia ben nota passione per l’India, mi trovo a seguire le atmosfere notturne, realizzate a Calcutta, dall’artista Soham Gupta, in un dialogo intimo tra il fotografo e i suoi soggetti, vittime di molestie sessuali, abbandoni e violenze. Nessuno spiraglio di vita felice emerge nel sub continente. Possibile? Non vorrei precipitare nel gorgo dell’empatia e farmi trascinare sul fondo!
A seguire, appare la complessa installazione di Ed Atkins, Old Food. La cosa che più mi colpisce sono le decine, forse centinaia, di abiti di scena appesi e vuoti. Non c’è scampo all’inquietudine…tutto ci porta a riflettere sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale. Un po’ come amava fare il filosofo Jean Paul Sartre, il quale, nella realtà, era un bon vivant!
A chiudere le Corderie, Jimmie Durham, con le installazioni legate al rapporto tra uomo e animale. Utilizzando armadi e altri oggetti l’artista ricrea le sagome di animali, molti dei quali in via di estinzione. Il messaggio è chiaro.
Finalmente all’aperto, a respirare aria di laguna. Saliamo su una macchinina elettrica diretti all’Arsenale Vecchio, dove, sotto le tettoie, disegnate dal Sansovino, si costruivano le navi e si faceva manutenzione. Uno dei miei angoli prediletti. Mattoni, colonne, acqua azzurra, serenità e pace….se non fosse che mi viene la curiosità di entrare nel padiglione Cina. Lo shock finale…Su un schermo gigante si materializzano enormi proboscidi di argilla, che ingoiano senza pietà gli esseri umani.
Esco assai rapidamente da qui per affrontare il padiglione nazionale. Labirintico, come la vita. Si entra, sperando di non perdersi lungo il tragitto.
Dall’Arsenale a Giardini, attraverso il sestiere Castello.
Uscendo dall’Arsenale, mi trovo a percorrere piccole calli con la biancheria colorata stesa da una parte all’altra, campielli, dove si chiacchera in tranquillità, ponti con vista sulla laguna, fino ad arrivare alla via Garibaldi, l’unica ad avere il nome di via perché a metà strada il canale è stato interrato. Sono nel sestiere Castello, uno dei più grandi di Venezia, tanto da confinare con San Marco. La prima parte, tra l’Arsenale e Giardini, è vivace, popolare, animata da mercati galleggianti, pescherie, negozietti ancora vecchio stampo. Sulle sponde del canale, si affacciano bar confortevoli, frequentati dai locali, senza pretese. Ci sediamo alle Colonnette. Tramezzini e spritz non sono il massimo, ma si sta bene, serviti da Richi, fuori dalla folla dei turisti. Si sente parlare veneziano e si fa amicizia con quelli del tavolo vicino. Dopo tante contorsioni mentali, le Colonnette sembra un paradiso.
In pochi minuti, eccomi a Giardini. Prima tappa: il padiglione francese, intitolato “Guarda questo blu profondo che ti circonda” di Laure Prouvost. All’interno ci aspetta un filmato surreale, magico, accattivante, fatto di danza, musica, profondità marine, piovre tentacolari. Laure Provost ha immaginato un universo liquido e tentacolare, organizzato intorno a ciò ci lega e ci allontana gli uni dagli altri. Ne resto affascinata. M’immergo nelle tante realtà del film, nella sua rappresentazione di un mondo fluido e globalizzato, fatto di scambi e connessioni. Magnetico!
Altrettanto interessante il padiglione dell’Azerbaigian, a palazzo Lezze in campo Santo Stefano. Il suo messaggio è “Virtual Reality”. La mostra presenta opere di diversi artisti contemporanei azeri, ispirate al fenomeno delle fake news. In media controlliamo i cellulari 150 volte al giorno e più di due miliardi di persone usano Facebook. Le figure antropomorfe, dalle teste vuote, accolgono passivamente una realtà virtuale. Il messaggio è chiaro: le figure comunicano solo attraverso i social, senza empatia….
Per riprendermi da tante stimolazioni emotive, salgo sul vaporetto diretta all’isola di San Giorgio. La Fondazione CINI con LE STANZE DEL VETRO è sempre una sicurezza. Passare davanti alla chiesa, costeggiare il porto con le barche a vela ormeggiate, che lasciano intravedere sullo sfondo il Palazzo Ducale è già un’emozione positiva! L’esposizione autunnale di quest’anno è dedicata al grande artista americano Thomas Stearns ( 1936/2006), che collaborò con la vetreria Venini negli anni ’60. Ottanta pezzi spettacolari, tra cui quelli esposti alla Biennale nel 1962. Sculture in vetro dai nomi imaginifici, come Cappello del Doge, Facciate di Venezia dalla suggestiva tessitura in vetro a canne, fino alla Sentinella di Venezia, vicina all’espressionismo astratto, il suo capolavoro vetrario, ci fanno scoprire un artista e sperimentatore di rara genialità.
Per restare nel tema dell’empatia, tanto trendy, non si può lasciare Venezia senza vedere la grande mostra dedicata all’artista greco Jannis Kounellis(1936/2017) alla Fondazione Prada, nel palazzo settecentesco di Ca’ Corner della Regina, a San Stae. Un’energia vibrante si sprigiona, come sempre, dalle sue opere. La pittura è vita, lavoro, ripetitività, pesi, misure, come quella del letto a due piazze, che continuamente si ripete. Il fuoco per esempio non è solamente calore ma anche fonte di luminosità, segna gli spazi, determina le figure.
Bella e intensa la narrazione della mia amica Silvana. Quest’anno me la sino persa: prima l’operazione alla mano nelle date del mio viaggio a Venezia e ora di nuovo devo partire per il Brasile. Meno male Silvy mi ha consolato …con le sue immagini
Ciao Cesare vai per lavoro in Brasile?
ORMAI VISITARE LA BIENNALE E’ TEMPO BUTTATO, SE NON PER FARE UNA GITA A VENEZIA , SEMPRE PIACEVOLE !
Non direi tempo buttato! Solo Venezia può permettersi una Biennale. Sempre interessante comunque.
Complimenti! Un weekend ricco di eventi interessanti e favorito dal meteo!
Cara Silvy il tuo articolo fa venire voglia di andare a Venezia per rifare il tuo percorso alla Biennale!! Purtroppo gli avvenimenti degli ultimi giorni e dei prossimi non me lo permetterà ma senz’altro il prossimo anno ci andrò con entusiasmo! Grazie a te Roberta
Ciao Roberta grazie per il commento. Un altr’anno vieni con noi
Cara Silvana solo oggi da Barcellona dove mi trovo da ieri ho letto il tuo reportage su Venezia e fa pensare tutto ciò che è successo con il maltempo e l’acqua alta di questi ultimi giorni …Complimenti per ciò che hai scritto, molto interessante. Ti farò vedere un catalogo che presi anni fa a Parigi sul pittore Vetriano nel quale aveva dipinto molti quadri con tutte immagini di Venezia nella vita quotidiana ,ma completamente sommersa dall’acqua …..impressionante. Baci Anna Mauti