Fino al 7 novembre c’è un motivo in più per passare da Forte dei Marmi: “La sfida del bianco all’universo del colore”, la mostra di Gigi Guadagnucci (1915-2013) al Fortino, la fortificazione eretta da Leopoldo I di Toscana, simbolo della cittadina versiliese.
Non si poteva trovare un luogo più adatto per riportare in scena l’artista Gigi Guadagnucci, personaggio straordinario, nella scultura e nella vita.
Sullo sfondo del Fortino si stagliano le Alpi Apuane, bianche, luccicanti di marmo, l’elemento naturale che ha avvolto lo scultore fin dalla nascita. Guadagnucci viene al mondo nel 1915 a Castagnetola, paese sulle colline di Massa. Fin da bambino il marmo sarà la sua vita. A dieci anni inizia a bazzicare i laboratori degli scultori locali, ma, a venti, in disaccordo col regime fascista, lascia l’Italia per stabilirsi a Grenoble. Lavora come scalpellino, studia Rodin, Maillol e Donatello, nel ’39 si arruola nella legione straniera, passa un anno in Algeria, per entrare poi nel maquis, la Resistenza francese, consolidando il suo rapporto con la Francia. Dopo la guerra, eccolo di nuovo a Massa, apre uno studio, si fa notare come vincitore di diversi premi per la scultura e il disegno, ma il suo cuore è a Parigi, città all’avanguardia nel mondo dell’arte contemporanea. Nella ville lumière, per vivere e lavorare sceglie Montparnasse, entra a far parte della comunità artistica di quei tempi. Sempre sorridente, simpaticissimo, grande affabulatore, la chitarra sempre pronta, accentra l’attenzione di tutto il gruppo. Frequenta, tra gli altri, Gino Severini e Music, conosce gli ultimi grandi scultori di Montparnasse, Alberto Giacometti e Ossip Zadkine, diventa amico dei nuovi realisti, Yves Klein e Jean Tinguely. Ammira il blu Klein, oggi tanto osannato, e le coloratissime opere in ferro di Tinguely, ma per lui esiste un unico colore: il bianco del marmo delle sue Apuane.
A Parigi, città dall’ampio respiro, gli arride il successo. Guadagnucci partecipa a mostre a livello internazionale, espone nelle più importanti gallerie della città, apprezzato da critici del calibro di Courthion, che ne segna la consacrazione, definendolo uno dei principali scultori del nostro tempo. La sua grande capacità di far vivere il marmo conquista il mondo dell’arte francese, al punto che vent’anni dopo, nel 1983, il ministro Jack Lang gli conferirà la nomina di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, una delle più importanti onorificenze del paese.
Gli arrivano importanti commesse di sculture monumentali da tutto il mondo: Parigi, Marsiglia, Tours, Grenoble, New York, Tokyo, Strasburgo e, infine, Carrara,la sua città. Lo scultore incomincia a sentire nostalgia dei suoi posti. Negli anni ’60 acquista una casa a Bergiola, sopra Massa, ritrova nella sua terra materiali e manodopera di grande qualità, si confronta con i più importanti scultori del momento, da Marini a Moore. Da allora, fino agli anni ’90 si divide tra Bergiola e Parigi.
Proprio a Bergiola l’incontrai, la prima volta, una trentina di anni fa per un’intervista, pubblicata sul mensile Class.
Da Gigi mi aveva portato l’architetto Tiziano Lera, suo grande amico e ammiratore. In comune avevano due passioni: l’arte e la natura. Un banano fronzuto dava il benvenuto agli ospiti. Gigi spuntò da dietro le grandi foglie verdi, torso nudo e fascia da pirata intorno ai capelli bianchi. Stava terminando “Fiamma”, in marmo statuario. Mi colpì per l’originalità della forma: le lamelle in marmo statuario si slanciavano verso l’infinito, incredibilmente sottili e luminose. Gigi le accarezzava, come fossero belle donne. Accanto, “Passaggio di meteora”, forse un simbolo della vita. Che dire di “Rondine”: sembra prendere il volo. Ogni scultura era viva, dotata dell’ inestinguibile gioia di vivere del suo creatore. E avevo il privilegio di avere colto l’artista all’opera, mentre dava forma al suo sogno.
Da allora diventammo amici. Indimenticabili le serate all’ ”agriturismo dei cavalli” come nelle ville al Forte, animate dai suoi racconti e dalle canzoni ad accompagnare la chitarra.
Oggi Gigi è in auge più che mai. Non solo per la mostra al Fortino e per il museo a lui dedicato nella Villa della Rinchiostra a Massa, ma anche per aver aperto un mondo agli scultori contemporanei, che ne hanno fatto tesoro. In ogni senso.
Comment *Un grande artista come Guadagnucci non ha bisogno di pubblicità, ma la mostra a lui dedicata merita di essere vista prima che chiuda.. Silvana ha contribuito con i suoi personali ricordi a rendercelo più familiare e gradito.
Comment *Bell’articolo appassionato! Ricordo che tanti anni fa ce lhai fatto conoscere!