“A tredici anni non conoscevo più l’altra mia madre. Salivo a fatica le scale di casa sua con una valigia scomoda e una borsa piena di scarpe confuse….
Dopo lo scatto metallico è comparsa una bambina con le trecce allentate, vecchie di qualche giorno. Era mia sorella, ma non l’avevo mai vista”.
Mi piace la scrittura di Donatella Di Pietrantonio, con il suo linguaggio scorrevole, vivo ed emozionante che ci porta ad affrontare tematiche impegnative rendendole coinvolgenti.
L’Arminuta, la ritornata (vincitore del premio Campiello 2017).
Qualcosa mi riporta col pensiero all’”Accabadora” di Michela Murgia.
Piccole donne nelle cui mani è riposto un futuro che sembra essere non solo personale. Un percorso al femminile da cui trasuda la potenza di un matriarcato che permea tutta una società.
Non era per niente insolito nelle realtà rurali dell’Abruzzo degli anni ’70, ma non solo, affidare uno dei numerosi figli ad un parente più abbiente: una bocca in meno da sfamare per una famiglia immersa nella miseria e una possibilità di vita migliore per un figlio.
Ma l’arminuta, di cui mai viene fatto il nome, viene restituita senza che lei ne sappia il motivo. Alle soglie dell’adolescenza questo terremoto emotivo la scuote violentemente nei suoi affetti: perde quella che aveva sempre considerato sua madre, acquisisce la sua madre biologica mai conosciuta e stringe un legame profondo con Adriana, la sorella piccola che le apre la porta della sua nuova vita.
Una nuova madre ruvida e aspra, ma che sa riconoscere le sue doti, le vuole bene, a modo suo, e le farà seguire la sua strada.
L’altra madre, che la segue da lontano, la sostiene economicamente e non è capace di spiegarle perché….
Donne che appaiono dure, ma che si scoprono celare i loro sentimenti e i loro affetti sotto la scorza che si sono costruite per affrontare le difficoltà della vita.
Le situazioni, le difficoltà che vivono le rendono comprensibili e giustificabili nel loro agire e ce le fanno assolvere, forse perché toccano qualche corda interna che non passa dalla ragione e che ci coinvolge tutti.
“Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza. Ora ci somigliamo di meno nei tratti, ma è lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo. Nella complicità ci siamo salvate”.
E sento in me quell’incertezza carica di promesse e di timori con cui si conclude il romanzo: “Ci guardavamo sopra il tremolio leggero della superficie, i riflessi accecanti del sole. Alle nostre spalle il limite acque sicure. Stringendo un poco le palpebre l’ho presa prigioniera tra le ciglia”.
[…] Mi piace la scrittura di Donatella Di Pietrantonio, con il suo linguaggio scorrevole, vivo ed emozionante che ci porta ad affrontare tematiche impegnative rendendole coinvolgenti. Continua la lettura sul blog Dalverdealrosa […]
Una bella storia letta tutta d’un fiato…scritta molto bene…storia di rinascita e di rivincita nonostante il dolore per il rifiuto. ..
Linguaggio essenziale ma capace di scendere in profondità
Rapporto madri e figlia in un conflitto lacerante
La ricerca di una propria identità per sopravvivere al dolore degli abbandoni.
Mi sono innamorata della sorella Adriana
???????
Concordo pienamente. Le donne, piccole e grandi sono le protagoniste e Adriana rimane nel cuore….